
“La provincia di Latina, insieme a quella di Frosinone, si trova ancora una volta tagliata fuori da scelte strategiche che dovrebbero promuovere sviluppo e coesione, ma che finiscono invece per accentuare divari e penalizzazioni. L’ultima decisione del Governo Meloni sull’ampliamento delle Zone Economiche Speciali (ZES) a Umbria e Marche, mentre il basso Lazio resta escluso, non è un semplice errore di valutazione: è una scelta politica precisa. E, per questo, ancora più grave.
Mentre si riconosce giustamente a territori come l’Umbria e le Marche il diritto a politiche di riequilibrio e sostegno, al tempo stesso si decide consapevolmente di non riconoscere lo stesso diritto a province che da anni affrontano una crisi industriale profonda, con indici di disoccupazione giovanile allarmanti, emorragia di capitale umano e dotazioni infrastrutturali insufficienti. Latina e Frosinone sono schiacciate tra aree agevolate e territori in pieno rilancio, senza disporre di nessuno degli strumenti oggi disponibili per competere.
Paradossalmente, proprio la presenza della Capitale altera i parametri regionali e impedisce al Lazio di rientrare nelle classificazioni necessarie per accedere alla ZES. Ma chi conosce la realtà del sud della regione sa bene che quel PIL medio è una fotografia truccata. Tra Roma e Latina corre un divario profondo che nessuna media statistica potrà mai cancellare.
Così, mentre le imprese di Ancona e Perugia beneficeranno di crediti d’imposta, semplificazioni, incentivi all’assunzione e attrattività verso nuovi investimenti, le nostre realtà produttive di Aprilia o Cassino resteranno circondate da concorrenti più forti per legge. Si genera una concorrenza sleale di Stato, imposta per decreto, che acuisce lo squilibrio invece di colmarlo.
Il Lazio meridionale non ha chiesto favoritismi, ma pari dignità. La battaglia per l’inserimento nella ZES è stata sostenuta con forza non solo da amministratori locali e associazioni di categoria, ma anche da soggetti come la CISL Lazio e persino da esponenti della stessa maggioranza di governo. Eppure, la risposta è stata sempre la stessa: “non si può fare”. Fino a quando non si è potuto. Ma per altri.
Questo silenzio istituzionale è ormai insostenibile. Non è più solo un tema economico, ma di rappresentanza democratica. La tanto sbandierata “filiera di governo” che avrebbe dovuto rafforzare il ruolo dei territori oggi è muta, incapace di incidere nei luoghi in cui si decidono le vere priorità del Paese. A Roma decidono, a Latina incassano – ma solo le conseguenze.
Del resto, basta guardare a ciò che accade nel nostro Comune per capire quanto sia profonda la crisi politica del centrodestra: una maggioranza divisa, confusa, paralizzata da lotte interne e priva di una visione. Se non riescono a governare neanche una città, come possiamo aspettarci che difendano un intero territorio? La verità è che l’incapacità amministrativa locale è lo specchio fedele di un’irrilevanza politica nazionale.
Latina e il basso Lazio non possono essere considerati territori minori. Meritano attenzione, strumenti adeguati, risposte concrete. L’esclusione dalle ZES è una ferita profonda che rischia di trasformarsi in rancore sociale. E il rancore, quando diventa politica, porta solo disillusione e conflitto.
È ora che chi governa questo Paese guardi al Lazio sud non come un’appendice marginale ma come parte integrante di una strategia di sviluppo. Servono scelte giuste, non scorciatoie clientelari”.
Marco Cepollaro
Segretario PD Latina